W. MORGESE - "GRAN BERLINO. GERMANIA DOLCE E AMARA": recensioni

W. MORGESE - "GRAN BERLINO. GERMANIA DOLCE E AMARA": recensioni

METTI UNA SERA A BERLINO. TRA IL DOLCE E L’AMARO RESTA SEMPRE LA BELLEZZA

Il pugliese Waldemaro Morgese e il viaggio.

Di Domenico Mugnolo, germanista [recensione apparsa su La Gazzetta del Mezzogiorno del 14 dicembre 2019].

 

Il volume di Waldemaro Morgese dal titolo Gran Berlino. Germania dolce e amara, Radici future, Bari 2019 (con deliziosi disegni originali di PierMarino Zippitelli) si presenta come una guida alla capitale tedesca e costituisce il resoconto di un viaggio di una decina di giorni intrapreso nel 2018 dall’autore, insieme alla sua compagna, la poetessa e docente di tedesco Angela Redavid.

In verità, il lettore si trova difronte (non inganni la scrittura piacevole e scorrevole) a qualcosa di ben più ricco e complesso di un vademecum per chi si rechi a visitare questa città che ha segnato di sé la storia di buona parte dell’Otto e del Novecento. Gran Berlino è il frutto di un’attenzione alla cultura di lingua tedesca che risale fin dagli anni di gioventù dell’autore. E dietro l’attenzione di Morgese si indovina non soltanto l’ammirazione per tanti aspetti della cultura tedesca, ma anche una certa simpatia. Ciò non significa, tuttavia, che egli dimentichi o sottovaluti gli aspetti tragici legati al nome della Germania. E però sa che «l’elaborazione del lutto è stata perseguita dal popolo tedesco con una fermezza e tenacia che pochi popoli hanno dimostrato nel corso della storia». Insomma, affrontando il viaggio, il corredo ideale e mentale di Waldemaro Morgese non poteva essere certo racchiuso in una valigetta: vi trovano posto letture numerose e importanti, riflessioni approfondite e acute. Né l’autore rinuncia a brevi incisi che ci restituiscono aspetti della sua stessa personalità: cosa cui non siamo più abituati a sentirci proporre da una guida, ma che ha una sua lunga e nobile tradizione, risalente all’epoca in cui chi si metteva in viaggio si considerava un viaggiatore, non un turista.

Il turista dei nostri giorni è abituato a girare per le città, inseguendo frettolosamente le mete suggerite da guide cartacee o virtuali, selezionate in base alla durata del soggiorno: un giorno, un week end, una settimana. In città si percorrono le vie che conducono ai monumenti segnalati come significativi mentre le altre, nelle quali si svolge la normale vita cittadina, vengono disertate. Non è per questo tipo di turista che scrive Waldemaro Morgese, che, certo, non ignora snobisticamente i monumenti cruciali della città, ma accanto ad essi cerca quegli angoli e quei luoghi che solo la curiosità (e le letture pregresse) suggeriscono di non ignorare, ma anzi a volta di privilegiare: l’obiettivo dei due viaggiatori non è depennare una dopo l’altra da una ideale lista le mete irrinunciabili: sanno bene che in dieci giorni sarebbe illusorio farlo. A loro preme cercare i luoghi che per l’uno o l’altro motivo richiamano memorie, letture, immagini. Così è per la leggendaria Volksbühne, il teatro che fu di Max Reinhardt, così è per il mitico cinema Babylon, così per il museo dedicato alla Blindenwerkstatt di Otto Weidt, un imprenditore che in piena Berlino dava lavoro a operai ebrei ciechi altrimenti destinati alla deportazione e allo sterminio. 

Si concedono però anche soste in locali da ballo, ci portano a cena con loro a gustare una pizza o a goderci uno spettacolo teatrale scoperto un po’ per caso.

Tempo tolto alla visita della città? Niente di più sbagliato. Capire come ci si diverte altrove, come si cena, come si assiste a uno spettacolo è quanto di meglio ci sia per capire la città che si visita. La guida è frutto di scelte: meglio parlare con agio di quello si può dire nello spazio limitato a disposizione, anziché accennare a malapena a questioni che meriterebbero una trattazione approfondita. E tuttavia i temi di cui non parla, Morgese li ricorda: dal sistema bibliotecario (significativo oltre ogni dire che ogni museo abbia la sua attrezzata biblioteca per chi non voglia limitarsi a una visita anche attenta), al movimento del Bauhaus. Ed è come se ricordandoli lanciasse un suggerimento al lettore: queste cose andrebbero conosciute. Non a caso ci fornisce sempre opportuni suggerimenti bibliografici. Un volumetto che va messo in valigia, quando si parte per Berlino.

 

‘GRAN BERLINO’ IL BREVIARIO DI VIAGGIO SENTIMENTALE DI WALDEMARO MORGESE

‘Gran Berlino’ Germania dolce e amara: il breviario sentimentale di Waldemaro Morgese, edito da Radici Future Produzioni, con postfazione di Domenico Mugnolo.

 Di Antonio V. Gelormini

[recensione apparsa su Affaritaliani.it di martedì 19 novembre 2019].

 

A definire così ‘Gran Berlino’, il prezioso volumetto edito da Radici Future Produzioni 2019, è lo stesso autore, Waldemaro Morgese, che in un certo modo ne delinea anche i caratteri dell’originale “compagno/manuale di viaggio”, per noi, allorquando descrive il ‘suo’ passe-partout introspettivo per l’affascinante capitale tedesca: un libretto di Abraham Yehoshua ‘Antisemitismo e sionismo. Una discussione’, Edizioni Einaudi 2004.

“Gran Berlino” più che una guida è davvero un breviario da leggere, rileggere e consultare: per tener vivi curiosità e interesse nella scoperta di questo suggestivo forziere di cultura, innovazione, storia e modernità, che fanno di questa città – cantata e decantata da artisti d’ogni sorta – un vero e proprio santuario laico ed europeo della bellezza.

Come Damiel e Cassiel, i due angeli de ‘Il cielo sopra Berlino’ di Wim Wenders, Waldemaro Morgese (che col regista tedesco condivide specularmente passione cinefila e caratteri delle iniziali) insieme alla sua compagna di viaggio, Angela Redavid, indicano, suggeriscono e spesso svelano al lettore/visitatore – con molta discrezione – una Berlino alquanto nascosta o in genere ‘tralasciata’ dalle tradizionali guide turistiche.

Un percorso binario, che mette in evidenza il destino ‘duplice’ della città che più di tutte riassume e riflette il carattere identitario della stessa Germania: l’ellisse con due fuochi al centro dell’Europa. Gioia e dolore, croce e delizia del Vecchio Continente, in cui la sua persistente dicotomia diventa esaltazione e orgoglioso slancio nazionalista: nel senso più nobile del termine.

Due Germanie, due Berlino, due facce dello stesso popolo. Amaro e dolce, mostruosità e bellezza, amore e crudeltà – apprezzabilmente descritti in due pagine anch’esse binarie (11 e 22), presumo inconsapevolmente ma significativamente appropriate – che raccontano e descrivono la cohabitation della grande musica, della grande filosofia, della grande letteratura e della grande arte, con le mostruosità aberranti e deformi dell’orrore più devastante.

Con le parole di George Steiner, l’autore ricorda come: “Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke a sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz”.

In altre parole, la narrazione senza tempo e senza canoni dell’espressionismo germanico, nell’indomabile fermento volitivo: riassumibile nella fenice anch’essa bicefala – che accorpa la tradizione greca e quella egizia – capace di risorgere, ogni volta più attraente, dalle proprie ceneri o dalle profondità fluviali o marine più infime.

Nei suggerimenti discreti di Morgese, però, c’è anche la descrizione di una potenza economico-industriale, in cui l’esaltazione del Welfare è da sempre la spina dorsale di un Paese caparbio, che si ostina a trasformare la ricchezza ‘diffusa’ in benessere per ciascun cittadino.

Una serie di itinerari, di passeggiate e di esperienze in grado di far cogliere, fino in fondo, il carattere travolgente di una “Berlino, città in divenire”, che coltivando l’esercizio della memoria, prova a farne un antidoto efficace contro i fantasmi del passato e il rifiorire di mal-sopite spinte totalitarie.

Fermenti virtuosi che prendono forma nel mosaico museale senza pari, che Berlino può vantare e coordinare in una rete culturale cittadina, segnata da innovazione e proiezione tecnologica avanzata. Rinforzato da un sistema bibliotecario ricchissimo, altamente fruibile, sostenibile e all’avanguardia, nonché da un patrimonio e da una cultura cinematografici di raffinata e diffusa competenza.

Il tutto in una sorta di ‘Esprit de géométrie’ della Germania, che esplode nella proposta architettonica variegata all’insegna del ‘Futuro nelle radici’ di cui Waldemaro Morgese si fa cantore raro e autoctono, dato che come ricorda Domenico Mugnolo, nella sua postfazione, “il numero di resoconti di viaggiatori italiani in Germania è numericamente irrilevante, rispetto a quello di viaggiatori tedeschi in Italia”.


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